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Critiche da parte degli esperti


Critica di Roberto Portinari

Come ci comportiamo davanti a un quadro? Quali sono le nostre aspettative, quali i movimenti inconsci delle
nostre sensibilità, dove gli impulsi che ci spingono al desiderio di contemplare un’opera d’arte?
Tali domande potrebbero sembrare superflue, per una condizione di semplice piacere di ammirazione del bello.
Troppa filosofia, infatti, porterebbe ad appesantire un argomento che vive e prospera in noi specialmente per le
qualità di leggerezza, di anestesia - per quanto momentanea - della noia quotidiana, di sollievo dal peso terreno.
Ebbene, analizzando a fondo le opere di Matteo Nebuloni, certe domande verrete spinti a porgervele.
Un quadro ci attira quanto più ci accorgiamo che, guardandolo, vi sono dei dettagli, grafici o cromatici, che
sprizzano scintille, e nel nostro animo sentiamo che queste nascono per accendere il fuoco, farci meravigliare e non
da ultimo pensare.
Le opere di Matteo Nebuloni sono studiate e composte con l’accurato obiettivo di preparare adeguatamente
l’osservatore, affinché questo percepisca in tempo reale lo specifico passaggio tra primo adescamento (il quadro mi
colpisce e coltivo la curiosità di analizzarlo più da vicino), sviluppo del ragionamento intimo (raccolgo i
suggerimenti dell’autore, forme e colori) e consapevolezza del potere del quadro (sto pensando, stimolato
dall’artista, a un argomento superiore, su cui mai avrei immaginato di soffermarmi in un preciso momento di una
qualsiasi normale giornata).
Nebuloni è singolare, in questo approccio psicologico. La sua pregressa profonda capacità di realizzare complessi
compositi minuziosissimi, di impronta surreale, appartenenti al suo primo periodo espressivo, viene ulteriormente
evoluta con l’acrilico e con una precisa grammatica di argomenti. Una innegabile prorompente vitalità tecnica,
freschissima, viene modellata sulla maturità di pensieri universali.
Un valido esperimento per comprendere il concetto potrebbe essere l’avvicinamento all’ opera “Respira”.
Immaginiamo di vederlo esposto. La cura e la precisione del tratto certamente catturerebbe la nostra attenzione,
tanto da farci avvicinare per capire. Una sostanziale bicromia indurrebbe il nostro cervello (e così in effetti è) a
recepire la dualità dei pensieri contrapposti, su proposta di Matteo; anche la divisione spaziale della tela è
indirizzata verso quella strada, di due elementi speculari, uno di fronte all’altro. Una forte sensazione di disagio,
quella maschera. Verrebbe da pensare subito alla guerra, consolidata da un orizzonte urbano alienante. In forte
contrasto con un profilo ribaltato, di carattere selvaggio, ma caldo. Accogliente come il gesto divino della figura
tesa, di quel tocco a sfioro con le dita, che nella storia artistica dell’uomo ha un simbolismo potentissimo e
immediatamente riconoscibile. Leggiamo quindi il titolo dell’opera. Percorriamo sistematicamente ogni minimo
dettaglio messo a disposizione da Matteo, e, posso garantirlo, ci ritroveremo a parlare a noi stessi del Bene e del
Male.
Compreso questo meccanismo, il mondo di Nebuloni non può non essere bramato. Esplorare le sue intuizioni,
apprezzarne la perfezione della realizzazione, cavalcare una nuvola definita in ogni sua minima particella, ecco la
ricetta per fruire dell’arte di Nebuloni.
Verifichiamo tutto ciò anche con altre opere. “Memorie”. L’insieme è costituito da elementi distinti, che in teoria non
trasmetterebbero omogeneità: la silhouette della Savana, un orologio da tasca, il suono di una fisarmonica, un
drappo rosso, un calamaio, una trottola… Il contorno etereo suggerisce un contesto onirico, che è precisamente il
campo di osservazione e di attività in cui ci stiamo muovendo anche noi di fronte al quadro. Il titolo, ora.
Fondamentale. Tutto si incastra perfettamente. Le forme, i limiti delle cose, le proporzioni delle linee, il peso dei
colori. Ormai il nostro istinto è addomesticato, sappiamo dove dobbiamo concentrarci. Non importa (non è
indispensabile) che le nostre memorie contengano i particolari espressi nel quadro, ha un significato relativo che il
passato dell’autore non coincida con il nostro. Comunque sia, noi, adesso, stiamo pensando alle nostre, di
memorie. Nebuloni ha realizzato il suo obiettivo, e l’Arte ha affermato ancora una volta se stessa.
Esercitiamoci ancora con “Sound”. Elementi forti e grandi, in primo piano. Particolari definitissimi, Nebuloni ci
racconta di come la musica sia costituita da elementi tecnici, ma arricchita da talenti inclassificabili. Il gesto di un
musicista, iconico, unito alla rappresentazione di una cuffia. L’artista riesce a farci sentire il dipinto, anche con la
raffinata ricerca del profilo in cornice allo stesso. Quel fungo, poi, crea allucinazione solo a guardarlo.
In definitiva si deve completamente rendere merito a Matteo Nebuloni per la sua innata capacità di saper integrare
l’esperienza complessiva dell’arte, da quando si immagina, a quando si crea, fino ad arrivare al pensiero finale del
suo ultimo osservatore. Non è scontato, tanto meno semplice, gestire dall’inizio alla fine questo tumulto di
sensazioni, di colori, di tratti, di flussi di coscienza; anche in ragione del fatto che non ne è coinvolto solo l’artista,
ma viene abbracciato tutto il bacino di spettatori. Ebbene, va riconosciuta a Nebuloni, oltre al completo controllo
della sua capacità tecnica espressiva, una particolare inclinazione a saper condurre la magia della suggestione cui ci
accompagna l’amore per l’armonia. Parliamoci chiaro: Matteo è un eccellente pittore, non solo perché dipinge
sapientemente, ma soprattutto perché ci affascina e ci abbraccia, nell’indurci a pensare. Caratteristica suprema per
ogni artista che vogliamo definire tale.

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